OMS: rischio molto basso da malattie importate dai migranti

Il Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region: no public health without refugee and migrant health (2018), unico nel suo genere e di cui l’INMP ha coordinato le attività di studio epidemiologico, raccoglie e analizza le evidenze contenute in più di 13.000 documenti di letteratura a partire dal 2014, relativamente allo stato di salute dei rifugiati e dei migranti presenti nei 53 Paesi della Regione Europea dell’OMS. In allegato alla pagina è possibile scaricare il rapporto in versione pdf.

Dall’analisi emerge che la maggior parte delle evidenze raccolte si concentra sulle malattie infettive, mostrando che i rifugiati e i migranti possono essere più vulnerabili sia nei luoghi di origine, sia di transito che di destinazione, a causa, ad esempio, dell’alta prevalenza di malattie infettive in alcuni Paesi di partenza, dei problemi nell’accesso ai servizi sanitari o di condizioni di vita deprivate nei Paesi di transito e destinazione.

Ma è anche vero che emerge un rischio molto basso di trasmissione di queste malattie alla popolazione dei Paesi ospitanti.

Infatti, la maggior parte di coloro che giungono nei Paesi europei è sostanzialmente in buona salute, confermando l’ipotesi del “migrante sano”, legata alle buone condizioni di tali individui alla partenza. L’Italia, grazie al servizio sanitario universalistico di cui dispone, è in grado di fornire risposte efficaci in termini di individuazione precoce e trattamento, prendendosi cura della salute dei singoli e garantendo la salute delle comunità.

Dal rapporto emerge altresì un rilevante numero di altre condizioni di salute che possono rappresentare un carico di malattia per il migrante, sulle quali, però, vi è necessità di un ulteriore approfondimento: le malattie non trasmissibili, le problematiche legate alla salute mentale, alla salute materno-infantile e a quella occupazionale. Tali problemi tendono spesso ad acuirsi per i migranti con il passare del tempo di permanenza nel Paese ospitante, a causa dell’esposizione continua a determinanti sociali negativi, specie laddove il sistema di integrazione risulti carente.

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